Insights 02 Aprile 2019

Sales boost

Silvio Trombetta

Managing Partner

1. Dalle azioni di marketing alla self-efficacy nella vendita

Aumentare i fatturati è necessario per “stare” sul mercato e per remunerare gli azionisti.
Il contesto economico attuale è caratterizzato da una spietata competitività generata dalla globalizzazione, da una maggiore consapevolezza dei clienti rispetto alle decisioni di acquisto, dall’aspettativa di una progressiva riduzione dei prezzi. Aumentare i fatturati significa quasi per tutti accrescere i volumi del venduto.
In questo scenario due funzioni aziendali divengono cruciali: la direzione marketing e la direzione vendite.
Il marketing costruisce storie avvincenti per rendere sempre più noto il brand e/o il servizio/prodotto offerto al mercato. Le storie progettate dal marketing contengono il racconto del valore che il servizio o prodotto è in grado di generare per il cliente e quindi dei benefici prodotti dal suo acquisto; la loro costruzione si è fatta sempre più articolata: si parla ormai deliberatamente di storyselling, la tecnica dello storytelling declinata per il risultato commerciale. La pubblicità prende la forma di storie da seguire, spesso lunghe e proposte per episodi e nelle quali viene proposto al cliente non più e non solo di “acquistare”, ma di “vivere un’esperienza d’acquisto” toccando con mano i benefici che da essa derivano.
Vengono costruiti quindi articolati processi di vendita, che definiscono in modo dettagliato come il cliente debba essere contattato, e poi accolto, ascoltato e coccolato nel momento in cui entra in contatto con l’azienda, e quindi orientato verso soluzioni che soddisfino le sue esigenze; si definisce anche come superare le sue potenziali obiezioni e, infine, come seguirlo dopo l’acquisto per coccolarlo ancora un po’ e monitorare la sua soddisfazione. Questi step sono individuati in funzione dello stile, dell’immagine, del tipo di esperienza di acquisto che l’azienda vuole regalare. Il focus è rendere la propria proposta e il percorso del cliente unici: sarà la particolarità dell’esperienza a favorirne il ritorno, il desiderio di vivere di nuovo quell’esperienza, la possibilità che ne parli ad altri potenziali clienti incoraggiandoli a sperimentare la stessa esperienza.
Se il marketing costruisce le storie per attrarre il cliente e i processi che gli permetteranno di vivere un’esperienza coerente con la fascinazione generata dallo storyselling, sarà compito del personale di vendita far trovare al cliente coerenza fra lo storyselling che lo ha indotto ad avvicinarsi al prodotto/servizio e all’azienda che lo distribuisce e il comportamento di chi vende. Si parla a tal proposito di “actionability dello storyselling”.
Da questa coerenza discende uno degli indicatori di performance cruciali per chi ha bisogno di “fare volumi”: il tasso di conversione fra clienti gestiti e contratti/vendite effettivamente effettuati.
Quando i volumi di vendita non sono in linea con le aspettative, il dito viene immediatamente puntato contro le vendite, con un conseguente rimpallo delle responsabilità: “se non vendi quanto ci saremmo attesi evidentemente non ne sei capace”, o comunque “non hai espresso comportamenti idonei a generare l’effetto atteso”. Chi vende, da parte sua, risponderà che i clienti attratti sono meno di quelli che servirebbero per raggiungere i risultati attesi, oppure che non sono interessati o che i prodotti non sono adeguati al prezzo.
Nel rimpallo di responsabilità non si genera l’energia che dovrebbe produrre il circolo virtuoso alla base dell’aumento dei fatturati.

In MIDA ci occupiamo di contribuire al successo commerciale delle aziende e delle organizzazioni commerciali supportandole su diversi versanti, per ristrutturare o creare uno storyselling di successo, per contribuire al disegno dei processi di vendita in modo da massimizzarne l’efficacia, per aiutare a leggere e analizzare gli indicatori di performance volti a capire cosa sta accadendo e ad assumere conseguentemente decisioni corrette; facilitiamo, infine, comportamenti di vendita più efficaci. Possiamo quindi sviluppare efficacemente sia lo storyselling e i processi ad esso connessi, sia l’actionability dello storyselling .
Questo Ideogramma racconta come contribuiamo a sviluppare le prestazioni di chi vende e a influenzarne positivamente i risultati, approcciandoci al nostro cliente con una logica di reale partnership. I risultati ci stanno dando ragione: il nostro metodo ci consente di portare all’azienda un incremento dei risultati commerciali, influenzando positivamente i volumi di vendita fino al 30% circa in più attraverso il miglioramento di alcuni KPI fondamentali: il tasso di conversione, la marginalità, la riduzione degli sconti ecc. I progetti realizzati si ripagano dunque da soli con l’incremento dei risultati.
L’approccio utilizzato è sistemico: interveniamo sulla struttura commerciale preoccupandoci di potenziare l’efficacia di chi vende e anche di sviluppare la prestazione manageriale di chi è chiamato a coordinare, gestire e motivare il team che vende o eroga la consulenza di vendita al cliente. Ai manager e ai venditori, inoltre, insegniamo a porre il focus su ciò che si può fare per essere efficaci nella vendita pur dentro i vincoli eventualmente penalizzanti con i quali bisogna fare i conti.
È una modalità potenziante, che aumenta il peso della responsabilità, ma consente di determinare l’esito atteso.
Partiamo da qui per avviare le persone verso un percorso di focalizzazione sulla prestazione che erogano e su come renderla più efficace. Attraversiamo il processo di vendita e permettiamo alle persone di individuare concreti strumenti per mettere in atto comportamenti capaci di agevolare la coerenza fra il messaggio-promessa che ha attratto il cliente e l’esperienza di acquisto offerta.
La chiave per raggiungere questi esiti è la self-efficacy. Nei prossimi paragrafi spiegheremo meglio come funziona; entreremo nel dettaglio di alcuni dei risultati che abbiamo provocato e racconteremo come abbiamo contribuito al successo dei nostri clienti.

2. L’influenza della self-efficacy sulle prestazioni di vendita

Per migliorare le prestazioni è senza dubbio necessario lavorare sullo sviluppo delle abilità peculiari per svolgere quella determinata performance, ma non basta. Come emerge da più di 2000 studi sperimentali realizzati dalla fine degli anni ‘70 a oggi, per sviluppare le prestazioni occorre anche aumentare la propria self-efficacy, cioè la convinzione personale di essere capaci di organizzare e svolgere con successo le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Per portare a termine un’attività in modo eccellente non basta il “saper fare”, ma occorre anche sviluppare un “sapere di saper fare”.

Albert Bandura ha scoperto e dimostrato che, a parità di abilità, ciò che fa la differenza nella realizzazione di una prestazione eccellente è la percezione della propria capacità di svolgere quell’attività: se è alta, si useranno al meglio le proprie conoscenze e capacità, aumentando le probabilità di successo; se è bassa ci sarà una tendenza a ridurre l’investimento e l’utilizzo delle proprie risorse, abbassando la qualità della prestazione e aumentando le probabilità di fallimento.

Per migliorare una prestazione commerciale occorre quindi occuparsi di due aspetti: lo sviluppo delle competenze e delle tecniche di vendita e il potenziamento del senso di autoefficacia delle persone che vendono.

Perché venditori esperti e certamente abili nell’utilizzare le tecniche di vendita perdono efficacia in determinate situazioni e non riescono a mettere in atto i comportamenti più adatti al momento commerciale che sono chiamati a gestire?

La teoria della self-efficacy fornisce una possibile spiegazione.

L’autoefficacia influenza i nostri principali processi di “funzionamento”: i processi cognitivi, motivazionali, affettivi e decisionali determinano il nostro agire e, in base alle convinzioni dalle quali sono sostenuti, ci portano a realizzare prestazioni di livello e di qualità diversi.

Può succedere a chiunque di assumere comportamenti inefficaci rispetto all’obiettivo di commercializzare, se la propria rappresentazione della realtà e degli attori coinvolti porta a ritenere impraticabile, inutile o addirittura impossibile il comportamento più efficace da adottare.

Ad esempio, se un venditore è convinto che il cliente appena entrato in negozio non sia intenzionato ad acquistare, condurrà il processo di vendita, di cui magari padroneggia tutte le fasi, con così poca convinzione da non indurre il cliente a comprare.

L’evidenza che quel potenziale cliente non ha comprato produrrà poi, nella mente di quel venditore, il rafforzamento della convinzione che il cliente non fosse intenzionato a spendere dei soldi e il sedimentarsi di quella convinzione alimenterà altre credenze simili, e così via, in un circolo vizioso inarrestabile. Per modificare la prestazione commerciale di quel venditore dovremo certamente ribadirgli quali siano i comportamenti opportuni ma, per ottenere che li applichi, dovremo anche aiutarlo a modificare la convinzione che quel comportamento sia da lui impraticabile, inutile o impossibile: se non ci preoccuperemo di modificare quella convinzione, risulterà impossibile, per quel venditore, assumere un comportamento adeguato: come vedremo, le convinzioni maturate guidano i nostri comportamenti e, poiché questi ultimi hanno bisogno di essere assolutamente coerenti con le convinzioni che li sostengono, quello che facciamo è sempre mediato dalle credenze che sviluppiamo. Risulta impossibile fare qualcosa che non sia sostenuto da una convinzione, a meno di palesare una patologia schizofrenica.

Questo Ideogramma intende facilitare la comprensione del processo per cui convinzioni considerate oggettive e logiche ci orientano verso comportamenti di vendita che possono rivelarsi più o meno efficaci.

Andremo a demolire, tra le altre, la convinzione che rappresenta spesso un importante ostacolo all’esecuzione di prestazioni commerciali efficaci: l’assunto, un po’ fatalistico, che l’esito di una trattativa commerciale dipenda più dalle scelte del cliente che dal comportamento di chi vende, e quindi che il risultato commerciale sia poco determinabile dalla prestazione commerciale e molto, viceversa, dal maggiore o minore orientamento all’acquisto da parte del cliente.

Siamo convinti, invece, che la prestazione commerciale possa significativamente determinare le scelte del cliente. Dovrebbe risultare già evidente, ai nostri scopi, come sarà differente la prestazione di chi crede di poter influenzare l’esito di una negoziazione commerciale, rispetto a quella di chi si fosse persuaso del contrario.

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