Insights 05 Luglio 2019

Career Swot Analysis: ripensare il proprio futuro

L’hockey sul ghiaccio mi sembra la metafora migliore per rappresentare ciò che sta accadendo al rapporto delle persone con il lavoro. La durezza e l’instabilità del ghiaccio rappresentano benissimo l’ambiente nel quale ci si trova a muoversi: velocissimo, duro, senza possibilità di concedersi tempi morti né passi falsi.

E il tondino del gioco sembra proprio il business: piccolo, imprevedibile, velocissimo! Bisogna essere capaci di seguirlo con gli occhi e con il corpo, di capirne in anticipo i movimenti, di stopparlo e poi rilanciarlo. Infine i giocatori mi ricordano le persone giornalmente impegnate nella “battaglia del lavoro”, capaci di prendere e dare “colpi” e subito dopo rialzarsi e proporsi per mete successive.

Non voglio dire che 10 anni fa le cose fossero semplici e che ora tutto sia improvvisamente diventato difficile: il lavoro ha sempre avuto le sue complessità e le sue imprevedibilità; eppure negli ultimi 5 anni il livello di complessità si è elevato in maniera esponenziale.

Lo scopo di queste pagine è proporre un metodo per verificare l’andamento e lo stato di salute del proprio percorso professionale; con l’idea, tipica della medicina, che prevenire sia molto meglio che aspettare la manifestazione evidente di una difficoltà.

Impiegabilità

Il concetto fondamentale di impiegabilità è reso con chiarezza in un’intervista pubblicata sull’Impresa a Claudio Meyer, senior advisor di Egon Zehnder: “Il vero problema non è avere un lavoro, ma essere appetibile sul mercato del lavoro. C’è gente che oggi lavora, ma non è impiegabile nel futuro”.

Passare dall’obiettivo dell’impiego a quello dell’impiegabilità è decisivo per progettare o riprogettare il proprio futuro.

Pensando a quali elementi prendere in considerazione per verificare e migliorare la propria employability, propongo di riflettere su due dimensioni, una interna alla persona e una esterna.

Quella interna indaga la propria storia professionale, i valori, gli interessi, le proprie capacità, il network.

La dimensione esterna si riferisce al mercato del lavoro: professioni emergenti, settori in sviluppo, trend economici, attività in declino.

Dimensione interna

Molte persone con le quali ho avuto modo di lavorare in aula e in percorsi di coaching mi hanno fatto capire che il network è un aspetto delicatissimo: quasi tutti erano professionisti ben inseriti, con tanti contatti interni e relazioni, e avevano una ricca rete interna alle aziende in cui lavoravano.

Ma pochissimi avevano curato il network esterno, per esempio quello della comunità professionale di appartenenza. E in Italia il principale motore di cambiamento di lavoro è la conoscenza diretta, il passaparola: il network.

Il primo consiglio che sento di dare è di dedicare 5 minuti al giorno di energia e metodo alla costruzione costante di un network importante, interno ed esterno.

Una modalità efficace che richiede un minimo investimento di tempo è quella di scegliere su LinkedIn qualche gruppo di discussione (non più di tre), seguirne i confronti e scrivere, di tanto in tanto, dei piccoli commenti, quando si pensa di avere da dire qualcosa di sensato. Questa semplice attenzione procura quasi automaticamente un incremento dei contatti. È molto importante scegliere gruppi nei quali poter intervenire, esprimere punti di vista e idee interessanti e non trascurare il network che può essere generato da parenti e amici, da ex colleghi di lavoro, compagni dell’università e/o delle scuole di business frequentate.

Tanti manager “in carriera” facendo tesoro delle loro disavventure professionali raccomandano di curare il proprio aggiornamento, di rimanere al passo con i tempi. Per esempio, in questa fase tutto ciò che è digitale, cloud, social è molto richiesto dal mercato del lavoro.

Se pensiamo al marketing, o ancor di più al settore delle grandi agenzie di pubblicità, aggiornare la propria “cassetta degli attrezzi” integrando le conoscenze “classiche” con quelle del digitale e/o del social è proprio un bel modo di prendersi cura della propria employability.

Naturalmente tutti raccomandano le lingue, fondamentali per creare alleanze, cogliere occasioni, sviluppare reti all’interno di contesti multinazionali. Tutti considerano le lingue una competenza essenziale, ma pochi sono disposti a investirci tempo e soldi. La conoscenza dell’inglese è ormai scontata ed è sempre più importante la conoscenza di una seconda lingua, possibilmente il tedesco.

È cruciale nella riflessione sul proprio posizionamento professionale ragionare anche sulla propria storia professionale:

1 – individuare i principali “lavori” svolti;

2 – riassumere le principali attività e responsabilità per ogni periodo;

3 – focalizzare gli apprendimenti significativi di ciascuna fase;

4 – riscoprire i momenti di maggior soddisfazione, tutto ciò che è stato bello fare;

5 – pensare a una metafora adatta per ogni periodo.

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